Del presente articolo è autore o curatore il dott. Rocco Panuccio, cultore di storia locale ed esperto in beni storico-artistici e culturali. Ogni riproduzione, anche parziale (citazione diretta), è vietata senza espressa autorizzazione ed ogni utilizzo di notizie (citazione indiretta) senza citarne la fonte costituisce condotta sleale e grave disonestà intellettuale.
Una delle più belle leggende che ruotano attorno alla figura del nostro Santo Patrono è, senza dubbio, quella relativa alla realizzazione della stupenda statua lignea che possediamo. Si narra che gli scillesi erano desiderosi di possedere una statua di san Rocco più leggera rispetto a quella in marmo che tutt’ora è collocata sull’altare maggiore per poterla portare in processione con più facilità. Un giorno un uomo si presentò all’allora Priore della Confraternita e gli espresse il desiderio di voler realizzare lui la statua. Vi erano delle condizioni, però: bisognava chiuderlo per tre giorni e tre notti nel luogo dove oggi la statua viene riposta dopo i festeggiamenti, senza che nessuno per alcun motivo lo disturbasse. Così fu. Trascorsi i tre giorni, però, l’artista non usciva e dopo aver bussato con vigore senza ricevere alcuna risposta, venne sfondata la porta, temendo il peggio per la sorte del viandante. Con estremo stupore non trovarono lo scultore ma una statua che aveva le sembianze del forestiero che lì era rinchiuso. Fu allora evidente a tutti che quell’uomo in realtà fosse lo stesso San Rocco che volle premiare la sana devozione del popolo scillese omaggiandolo di un così grande dono. Ancora oggi, se si chiede ad uno scillese quale sia stato l’autore della scultura, la risposta sarà “santa Rroccu si fici sulu”. Ovviamente si tratta di una leggenda alla quale, però, se ci si ferma ad osservare il viso della statua e soprattutto gli occhi, diventa davvero difficile non credere…