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Porto Salvo - Storia recente

Del presente articolo è autore o curatore il dott. Rocco Panuccio, cultore di storia locale ed esperto in beni storico-artistici e culturali. Ogni riproduzione, anche parziale (citazione diretta), è vietata senza espressa autorizzazione ed ogni utilizzo di notizie (citazione indiretta) senza citarne la fonte costituisce condotta sleale e grave disonestà intellettuale.

Rasa al suolo dal tremendo sisma del 28 dicembre 1908, la chiesa di Santa Maria di Portosalvo venne riedificata dopo pochi anni, a spese dell’omonima Confraternita, con la somma di 70.000 lire. L’edificio venne costruito mantenendo il perimetro e quindi la posizione del precedente, ma con delle riduzioni. La navata fu abbassata di molto così come il campanile , mentre l’abside fu riedificato con un’altezza simile a quella originaria per poter consentire la collocazione del maestoso dipinto della Vergine di Portosalvo sopra l’altare maggiore. Profondamente modificato fu l’interno. Si cercò di recuperare il più possibile ciò che era scampato alla furia del sisma ma, nonostante ciò, la chiesa appariva ben diversa dall’elegante edificio settecentesco andato distrutto. Le pareti furono realizzate con tecniche antiche, ossia costruzioni robuste prive di pilastri, in cemento (in precedenza veniva usata la calce), pietre e mattoni. La facciata fu realizzata in polvere di marmo e cemento bianco in stile neoclassico,mentre il tetto venne realizzato interamente in legno dal falegname scillese Rocco Paladino detto “Mastranza” e dal figlio primogenito Rocco (allora era consentito mettere al figlio il nome del padre) e ricoperto di lamiere in ferro, come di usanza in quel periodo. L’interno si presentava lucente, per via della predominanza del colore bianco sia sui muri che sul tetto. La navata possedeva un sottotetto in gesso di colore bianco con dei medaglioni rotondi recanti al centro un’ancora: stemmi riconducibili alla Titolare della chiesa. Dall’alto si dipartivano tre bellissimi lampadari di stile reale (purtroppo andati misteriosamente perduti). A sinistra della navata v’era un’edicola in legno chiusa a vetrata sul davanti che custodiva la statua della Vergine Maria. Sul lato opposto, un’analoga vetrina custodiva le statue dei Santi Medici Cosma e Damiano. Dei quattro altari laterali in marmo, venne ricomposto solo quello del Ss. Crocifisso e, nel lato opposto della navata (quello destro) vi era un altare in legno dedicato a Santa Lucia dove era collocato l’olio su tela raffigurante le tre sante vergini e martiri siciliane Lucia, Agata e Barbara. Venne recuperato l’antico pulpito e risistemata l’originaria balaustra in marmo bianco e con cancelletto in bronzo. Ma l’opera più importante scampata al sisma e risistemata nel nuovo edificio è l’organo a canne. Questo, collocato a sinistra dell’altare maggiore, fino a circa quarant’anni fa era perfettamente funzionante e veniva azionato dalla sacrestia attraverso due mantici in legno. Il pavimento era realizzato con mattonelle di graniglia (materiale di riporto) senza alcun disegno o stile. Con le riforme introdotte dal Concilio Vaticano II, la chiesa necessitava di una Mensa Eucaristica e fu utilizzato, per oltre trent’anni, l’altarino in legno di Santa Lucia. Negli anni ’80 vennero sostituite le lamiere del tetto con delle tegole e fu rifatto, sul modello del precedente, il portone d’ingresso. Nel 1994 iniziarono i lavori di restauro e rifacimento interno. Fu realizzato un nuovo pavimento in marmo con tre aperture per consentire di ammirare la cripta sottostante. Per l’abside sono state utilizzate lastre di marmo bianche e nere sistemate a rombi in tipico stile barocco. Venne realizzata la Mensa Eucaristica in marmo bianco recuperando il paliotto di uno degli antichi altari lateraliVenne eliminato il sottotetto della navata centrale lasciando vedere la struttura lignea del tetto e venne realizzato un cornicione che, seguendo il perimetro della chiesa, si congiunge a due semicolonne con capitelli e basi in tufo, sistemate all’inizio della zona absidale. Grazie a questi lavori, ancora da ultimare, la chiesa ha recuperato parte della sua originaria bellezza.



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