San Vincenzo De Paoli (1581-1660) è una figura che emerge nella storia per avere svolto un'eccezionale opera di rinnovamento nella Chiesa e nella società e di cui ancor oggi si sentono i frutti, per aver saputo guardare con un nuovo sguardo evangelico Dio nel prossimo, per essere stato modello tanto della vita attiva che della vita contemplativa.
Egli è stato gratificato da Dio nel dedicarsi completamente ai poveri, che chiamava "nostri signori e nostri padroni". Soleva ripetere: "Dobbiamo amare Dio e i poveri, ma a spese delle nostre braccia e col sudore della nostra fronte".
Era così forte la sua convinzione che Dio è presente nei poveri, che diceva spesso alle sue suore: "Dieci volte il giorno andrete a visitare gli ammalati, e dieci volte vi incontrerete Dio".


Era così totale e radicale la sua dedizione ai poveri che riteneva doveroso per loro spendere tutti i suoi beni e la vita stessa. Era fermamente convinto che Dio lo aveva scelto insieme ai suoi più stretti collaboratori per essere "strumenti della sua immensa e paterna carità, la quale vuol stabilirsi e dilatarsi nelle anime".

Forte di queste convinzioni vissute con estrema concretezza, San Vincenzo cercò di:

avvicinare ogni forma di povertà, facendone esperienza diretta
fare tutto il possibile per alleviarla "subito", o per eliminarla o per prevenirla
coinvolgere il maggior numero di persone, incominciando da quelle più semplici fino ad arrivare alla più alta aristocrazia e alle autorità dello stato
organizzare e coordinare ogni azione diretta al sollievo della povertà, per assicurare serietà, continuità ed efficienza
La testimonianza di Vincenzo De Paoli fu travolgente. Furono migliaia e migliaia le persone che si misero a sua disposizione per creare una vera mobilitazione della Carità, che in breve tempo si diffuse in tutta la Francia, in Italia, in Belgio, in tutta Europa, fino a raggiungere le lontane terre di Missione come la Cina e il Madagascar.
Una mobilitazione che si concretò subito in tre Istituzioni che sono vive ancora oggi e continuano a lavorare in nome di lui, con il suo spirito e con il suo metodo. San Vincenzo ebbe, in modo eccellente, un vero "carisma di fondatore", cioè ebbe il dono da Dio di poter dar vita a delle istituzioni riconosciute dalla Chiesa e dalla società civile, che hanno prolungato nel tempo i criteri d'azione e i metodi organizzativi da lui creati.

Nell'ordine:
Le Compagnie della Carità, nel 1617, che oggi hanno assunto il nome di "Gruppi di Volontariato Vincenziano" (GVV), è l'opera primogenita, composta da donne che si radunavano per recarsi nelle case a visitare i poveri e portare loro il soccorso spirituale, morale e materiale
La Congregazione della Missione, nel 1625, sacerdoti destinati a predicare nelle campagne, dove trovare i poveri più trascurati e abbandonati
Le Figlie della Carità, nel 1633, in aiuto e completamento delle Compagnie della Carità, onde assicurare un'assistenza assidua e continua ai poveri
Queste opere, insieme con la Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli e ad altri gruppi, costituiscono la Famiglia Vincenziana.

 

 

Due secoli dopo san Vincenzo, il 23 aprile 1833, Antonio Federico Ozanam (1813-1853) insieme ad altri amici, fondava a Parigi la prima Conferenza di Carità raccogliendo un gruppo di studenti universitari, che avevano invano accarezzato l'idea di "Conferenze" letterarie a scopo religioso. "Occupiamoci dei poveri, per dimostrare la vitalità della nostra fede nella sua parte più eloquente" dicevano tra loro. Scelsero come modello e protettore Vincenzo De Paoli e la visita a domicilio dei poveri come attività fondamentale.
Questa iniziativa diveniva in seguito la Società di San Vincenzo De Paoli.
Federico Ozanam ha creduto alla vitalità del carisma vincenziano e non ha esitato ad affermare che "San Vincenzo è una vita da continuare, un cuore al quale riscaldare il nostro cuore, un'intelligenza alla quale chiedere dei lumi" (Lett. a François Lallier 17.5.1838). Il suo carisma ha arricchito e rinvigorito quello di San Vincenzo.
Le Conferenze di San Vincenzo sono una delle testimonianze più eloquenti della vitalità del carisma vincenziano nel tempo.

Formata da laici, uomini e donne, adulti e giovani, preoccupati di testimoniare la loro responsabilità in campo spirituale e temporale, la Società di San Vincenzo afferma il suo carattere ecclesiale e sociale.
Il vincenziano vuole realizzare un equilibrio tra la vita spirituale e l'impegno al servizio dei poveri. Riflette sui problemi sociali, personalmente ed in Conferenza e cerca di risolverli secondo i criteri più idonei. Egli medita sull'insegnamento del Vangelo e della Chiesa e s'impegna a fondo alla luce della dottrina sociale della Chiesa.
Egli nei modi e nei momenti più opportuni riflette sulla sua vita spirituale e sulla sua azione, prega ogni giorno prima di agire, e riconduce la sua azione alla preghiera.
Per mezzo dell'unione stretta tra preghiera e attività, il cristiano si fa infatti contemplativo nell'azione e apostolo nella preghiera.
Sull'esempio di Gesù Cristo, il vincenziano deve farsi servitore. La sua vocazione si riassume in un impegno originale: la carità di prossimità, cioè il servizio personale diretto e permanente a quelli che soffrono al loro domicilio.
Due gli elementi centrali di questo carisma:


Essere amici per amare
L'amicizia è il cemento che unisce i vincenziani tra loro così come coi disagiati che è dato loro incontrare. La riunione di Conferenza è il segno di questa amicizia.
Per Vincenzo De Paoli e Federico Ozanam il gruppo è segno e icona della comunità trinitaria.

Infatti:

La dimensione amicale riproduce l'amore infinito di Dio, lo Spirito Santo
La dimensione ecclesiale richiama e realizza la comunione totale tra le tre divine Persone.
La dimensione sociale: lo stile del servizio deriva dallo spirito che anima il credente. Per questo va richiamata una forte attenzione alle persone che faccia riscoprire la dignità di ognuno. L'intervento deve essere tale da aiutare il povero nella sua auto promozione umana, cristiana e sociale.
La carità evangelica, secondo San Vincenzo, deve riguardare sia l'aspetto materiale sia spirituale. Occorre pensare che il bisogno fondamentale dell'uomo è "Dio stesso"!. San Vincenzo vuole che "il bene sia fatto bene", così non solo si raggiunge l'altro nel suo bisogno, ma crescono insieme chi lo compie e l'intera comunità.

La visita al fratello povero
Proprio perché ogni povero è un uomo, una persona, un "figlio di Dio", va in ogni caso salvaguardata e difesa la sua dignità da qualsiasi forma d'emarginazione che ne comprometta la personalità e la libertà: la visita vincenziana al povero è un andare incontro a questa esigenza.
Da questa premessa San Vincenzo e il Beato Ozanam arrivano alla conclusione che il modo migliore per aiutare il povero è quello della visita. Con essa si afferma la sua dignità, si soddisfa il suo bisogno di riconoscimento e d'ascolto, gli si permette di rimanere nel suo ambiente e nella sua identità personale e da qui partire per accompagnarlo in un camino di miglioramento, del quale egli stesso sia protagonista.

Ultimo aggiornamento ( Martedì 26 Ottobre 2010 11:21 )