“Adoratore Silenzioso e Custode dell’Eucaristia”

 

 

Nel mese di marzo celebriamo la solennità di San Giuseppe, vero Adoratore e Maestro di silenzio. I Vangeli non riportano neppure una parola detta da lui, ma solo quello che “fece”, sempre in fiduciosa obbedienza alla volontà di Dio. Già al momento della sua “Annunciazione”, Giuseppe non parlò, ma semplicemente “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore” (Mt 1,24).

 

 

Per tutta la vita continuò poi a svolgere “azioni” secondo il progetto del Signore e sempre avvolte nel silenzio. Nei Vangeli non leggiamo sue parole, né quando con Maria da Nazareth andò a Betlemme per il censimento, né quando nacque il Bambino, né alla circoncisione o alla presentazione al tempio, né in occasione della fuga in Egitto, né al ritorno in Galilea, né nel quieto svolgimento della vita familiare e del suo lavoro di carpentiere a Nazaret, né durante lo smarrimento e successivo ritrovamento di Gesù dodicenne, né dopo.

 

 

Il suo silenzio adorante ebbe l’apice in quel momento che è passato alla storia come il “dubbio di San Giuseppe”. Bisognerebbe sostituire il termine ”dubbio” con quello di ”sofferenza” di San Giuseppe: Dio infatti gli ha chiesto di collaborare attraverso questa sofferenza per la realizzazione dei suoi piani di salvezza.

Siamo abituati a vedere questa fase della sua vita come un momento di debolezza, invece la Madonna ci dice che San Giuseppe non ha offeso minimamente Dio; essendo però una persona che amava e stimava la moglie, in lui c’è stata una lacerazione perché non riusciva a comprendere l’incipiente maternità di Maria. Ciò è durato settimane.
Giuseppe è dunque l’uomo del silenzio interiore. Quel silenzio che è distacco da tutte le creature, da tutto ciò che ci circonda, non nel senso che una persona non dà necessaria attenzione a ciò che la circonda, ma nel senso più profondo di non far soffocare l’anima dai pensieri della realtà terrena. Il silenzio interiore è dunque la capacità di proiettare tutto l’impegno verso le cose di Dio.

 

 

La vita trascorsa da Giuseppe con Gesù e Maria è la vita di una famiglia normale, parlavano molto fra loro, ridevano, si sfogavano, scherzavano.
Se noi ci accostiamo a Giuseppe con un’idea diversa da quella che abbiamo, solo allora sentiremo il Giuseppe che canta, (la Madonna stessa ha detto che Giuseppe aveva una voce bellissima), il Giuseppe che parla, che scherza e che ride, ma c’è anche il Giuseppe che soffre. Giuseppe sapeva che il Figlio di Dio era nel grembo verginale di Maria, sapeva cosa avrebbe sofferto il Messia e pertanto si è unito alla sofferenza di Maria. Quando l’angelo è apparso in sogno a Giuseppe dicendogli: “Non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo" (Mt, 1, 20), anche lui in quel momento ha sofferto perché era stato messo a conoscenza che il figlio della sua amata Sposa, colui che gli era stato affidato, avrebbe dovuto soffrire.

 

 

Giuseppe ha sempre risposto sì e non ha mai disubbidito alla volontà di Dio. Il momento dell’Incarnazione é preceduto da un grande atteggiamento di riservatezza e di rispetto da parte sua. Il censimento indetto dai Romani sarebbe stata l’occasione per la quale solo Giuseppe sarebbe dovuto andare a Betlemme a farsi registrare; Maria sapeva che il tempo della nascita di Gesù coincideva con la permanenza a Betlemme, ciò nonostante, ha voluto accompagnare il suo Sposo. Un marito che vede la moglie ad un passo dal parto non la porta con sé, esponendola ad una fatica grande e a dei sacrifici, certamente la consiglia a rinunciare e, nel caso non sia sufficiente, lo ordina. Giuseppe invece ha avuto rispetto e riservatezza, sapendo che ogni qualvolta Maria gli chiede qualcosa è perché mira a raggiungere un fine. Non ha fatto domande, come quando ha visto l’incipiente maternità e neanche ora, nel momento in cui Maria gli chiede di accompagnarlo, le fa e resiste a quelle che gli vengono fatte dai parenti che lo considerano un irresponsabile perché porta con sé, in un viaggio che per i tempi di allora era lunghissimo e disagevole, una donna alla quale mancavano pochi giorni per dare alla luce il figlio. Giuseppe parte, Maria lo accompagna e questa è la seconda processione eucaristica.

La prima era avvenuta a sua insaputa, quando accompagnò Maria per prestare servizio ad Elisabetta. Durante il primo viaggio era solo Maria che adorava e pregava, cantava, recitava i salmi in onore del Dio Figlio incarnato in lei.

 

 

In questo secondo viaggio tutte e due queste creature particolari adorano, amano, parlano del Dio bimbo al quale manca un tempo esiguo per vedere la luce del sole.

A Betlemme non c’era posto, non tanto perché non potevano essere accolti, ma perché mancava la discrezione a cui teneva molto Giuseppe. Nelle case della Palestina, infatti, c’era una promiscuità nel dormire, soprattutto in queste occasioni, non c’erano stanze riservate alle coppie, agli uomini, alle donne, piuttosto si buttavano delle stuoie a terra e ci si metteva sopra a dormire. Giuseppe ha rifiutato l’ipotesi di questa soluzione, cercava qualcosa che potesse accogliere e custodire la sua Sposa con più riservatezza: questa è una grande manifestazione di rispetto. Anche l’albergo dove erano giunti Maria e Giuseppe era una specie di caravan serraglio, loro non avevano i soldi per avere una stanza, al massimo avrebbero potuto dormire sotto i portici. Questo riguardo del custode dell’Eucaristia continua, perché una volta trovata la grotta, rifugio naturale per le bestie, la ripulisce come atto di rispetto. Ancora non sa che facendo questo servizio per amore della sua Sposa, l’ha fatto anche per amore del Figlio di Dio che è nel suo grembo.

La Nascita di GesĂą avviene in un silenzio totale, gli uomini dormono, mangiano, forse si stanno ubriacando, e invece Maria e Giuseppe vivono in silenzio questo grande mistero.

 

 

La nascita verginale del Cristo è avvenuta in maniera miracolosa: l’infante Gesù, così come attraverserà le mura del Cenacolo una volta divenuto adulto, è passato attraverso le carni verginali di Maria. In quella circostanza viene fatta la prima offerta a Dio del Figlio che si è incarnato per redimere gli uomini; a quest’offerta, dietro richiesta di Maria, partecipa anche Giuseppe che innalza, insieme alla sua amata Sposa, il Dio bimbo, colui che dall’alto è disceso.

 

 

Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, in un’udienza del mercoledì, ebbe a dire di San Giuseppe: «In pochi ma significativi tratti gli evangelisti lo descrivono come custode premuroso di Gesù, sposo attento e fedele, che esercita l’autorità familiare in un costante atteggiamento di servizio. Null’altro di lui ci raccontano le Sacre Scritture, ma in questo silenzio è racchiuso lo stile stesso della sua missione: un’esistenza vissuta nel grigiore della quotidianità, ma con sicura fede nella Provvidenza Divina» [cfr. Udienza del Mercoledì del 19 Marzo 2003].

In questo silenzio, possiamo capire meglio la definizione che dà di lui il Vangelo di Matteo: era uomo “giusto” (Mt 1,19). Giuseppe è uomo giusto perché, nel suo silenzio adorante, è sempre in ascolto del Signore e pronto ad obbedire ad ogni Suo comando. E’ uomo giusto perché, nel suo silenzio adorante, non fa obiezioni a Dio ma agisce con fede incondizionata. E’ uomo giusto perché, nel suo silenzio adorante, è sempre immerso nella contemplazione del mistero: la Parola fatta carne in quel Bambino, poi Adolescente, infine Uomo, di cui Dio lo aveva chiamato ad essere padre putativo. Con il suo silenzio adorante, Giuseppe sintetizza mirabilmente vita attiva e contemplativa: “Nel silenzio e nell’abbandono confidente sta la vostra forza” (Is 30,15).

 

 

San Giuseppe ha vissuto fino in fondo questa verità. Mettiamoci dunque alla sua scuola e cerchiamo di imitare quel raccoglimento, quella calma, quella fiducia, quell’ascolto, quell’obbedienza, quell’unione al Signore.

Per intercessione di San Giuseppe, chiediamo il dono del silenzio, perché come dice San Bernardo, “il silenzio è nostro custode e la nostra forza risiede in lui; il silenzio è il fondamento della vita spirituale, per mezzo di esso si acquisisce la giustizia e la virtù: parlate poco con gli uomini e sperate molto in Dio”.

La via della SantitĂ  passa attraverso una vita silenziosa e orante, prendiamo esempio da San Giuseppe, per poter essere come Lui dei veri Adoratori e Custodi di nostro Signore GesĂą Eucaristia.


Nino Briganti

Ultimo aggiornamento ( Martedì 25 Agosto 2009 06:33 )